Abbiamo già visto come gli orti urbani sono capaci di formare comunità, di far risparmiare e mangiare più sano. Non avevamo però pensato che potessero essere uno strumento utile e virtuoso non solo in centro e nelle periferie delle città, ma anche tra le mura di un carcere.
Eppure il progetto “Pollici al Verde”, nel carcere di Biella, sta lì a testimoniare ancora una volta come il lavoro della terra abbia ancora tanto da dimostrare e insegnarci.
Orto in carcere: il progetto
Il reinserimento sociale dei detenuti è sempre stato un problema difficile da affrontare ma nella provincia piemontese hanno deciso farlo attraverso gli orti, e con risultati ottimi.
Grazie all’iniziativa promossa dalla Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri di Torino, in collaborazione con altre associazioni di volontariato locali, sono stati progettati e realizzati 2000 mq di orto, serre e frutteto, all’interno del carcere biellese, e coinvolti nelle attività 15 detenuti. La finalità è duplice: prima di tutto serve a dare degli obiettivi e degli orizzonti ai carcerati durante il periodo di detenzione e, allo stesso tempo, insegnare loro un lavoro che, una volta usciti dal carcere, consenta maggiori possibilità di ricollocazione.
Le attività consistono in lezioni teoriche e attività pratiche all’interno dell’orto e del frutteto. I 15 detenuti si occupano quotidianamente di gestire il ciclo del compost utilizzando gli scarti organici provenienti dalla cucina del carcere, della cura delle piante e del lavoro della terra.
Le tecniche di coltivazione si rifanno ai princìpi biologici, sono quindi “banditi” pesticidi e altre sostanze chimiche. I prodotti ottenuti sono poi donati alle mense di condivisione della Caritas, e quindi per le persone fuori dal carcere che, purtroppo, non posso permettersi un pasto.
L'orto come benessere collettivo
Un circolo virtuoso quindi, dove non ci sono perdenti. Ma Pollici al Verde è anche un progetto che ha bisogno di essere sostenuto, chi vuole può contribuire, basta poco. È il caso di attrezzature e utensili, che non sono mai abbastanza e per i quali alcuni cittadini si sono già organizzati con preziosissime donazioni.
Anche nei carceri quindi, l’orto continua a stupirci per la sua capacità di aggregazione e di miglioramento del benessere collettivo. Speriamo che l’esempio biellese possa essere ripreso anche da altre realtà. In fondo c’è solo da guadagnarci.