Dott. Danilo Carloni
Farmacista - Erborista
Consiglio Direttivo SIFit (Società Italiana di Fitoterapia)
Docente Master di Fitoterapia - Università di Siena
Docente Società Medica Bioterapica Italiana
Scuola Superiore di Omeopatia
Nonostante ne siano state descritte quasi 400 varietà, quando si parla del timo ci si riferisce generalmente al “Thymus vulgaris”, che è la specie più utilizzata cioè una piccola pianta perenne sempreverde che appartiene alla famiglia delle Lamiaceae. Alta fino a 40 cm e con un portamento cespuglioso, viene definita in botanica “suffrutice”, perché dotata di fusto ramificato, legnoso alla base ed erbaceo nella parte restante. Le sue foglie sono molto piccole e inserite direttamente sul fusto, di colore verde nella zona superiore e grigio-tomentose, ovvero ricoperte di peluria, in quella inferiore. Tutta la pianta emana un odore intenso, aromatico, forte e gradevole e dal caratteristico sapore piccante.
Spesso viene confusa con il serpillo (“Thymus serpyllum”), dotato di un fusto strisciante e infiorescenze rosate, mentre il timo ha fusto eretto e infiorescenze bianche; le foglie del serpillo inoltre non sono pelose. Il timo è una pianta tipica del Mediterraneo, ma cresce bene anche in suoli aridi e asciutti, dal livello del mare fino a 1600 metri di altitudine, pur preferendo le zone costiere.
Conosciuto fin dall’antichità
La parola timo deriverebbe dal latino “thymis” o “thymosus” che significa “che ha profumo”, oppure dal greco “thymìa” cioè “pianta odorosa”. Secondo alcuni autori, invece, il nome risalirebbe all’egizio “thm”, nome attribuito a un unguento profumato a base di piante utilizzato per il lavaggio delle salme da imbalsamare. Una leggenda narra che questa pianta cespugliosa sia stata il giaciglio della Madonna che, stanca durante la fuga in Egitto, vi si addormentò sopra e in Germania, ancora oggi, il timo viene chiamato “Marienbattstroth”, appunto “paglia del letto di Maria”.
Le proprietà antisettiche del timo sono conosciute sin dai tempi più remoti: i Romani erano soliti bruciarne i rametti per purificare l’aria degli ambienti infetti; mentre si racconta che a Tolosa, in Francia, durante un’epidemia di peste, quattro ladri, immuni da qualsiasi contagio, saccheggiavano e depredavano indisturbati ma, una volta catturati, dovettero rivelare il loro segreto: una pozione protettiva a base di timo, lavanda e rosmarino macerati in aceto, detta “aceto dei quattro ladroni”.
L’azione antisettica
Le proprietà antisettiche del timo risiedono nelle foglie e nelle estremità fiorite, ovvero le parti medicinali della pianta: da queste si ricava il prezioso olio essenziale, presente in quantità variabile dall’1 al 2,5%. Questo componente, definito anche olio volatile per la facilità con cui si diffonde nell’ambiente, contiene il timolo e il carvacrolo, ma anche altri costituenti (p-cimene, canfene, limone, tannini, flavonoidi, saponine, acido caffeico, rosmarinico, ursolico, oleanolico). La composizione specifica può variare a seconda del luogo di provenienza della pianta e del periodo di raccolta.
Le proprietà dell’olio essenziale
In medicina il timo “vulgaris” viene impiegato come espettorante e spasmolitico delle vie respiratorie ed è utile nelle tossi con catarro poiché rende il muco più fluido e facilmente eliminabile. Il meccanismo a cui sarebbero legati questi effetti dipende anche dal fatto che i costituenti chimici del timo, in particolare le saponine, producono una leggera irritazione nello stomaco dalla quale deriverebbe, per riflesso, una maggiore sensibilizzazione del vicino tratto respiratorio, producendo così lo stimolo a espettorare; ma l’olio volatile viene in parte metabolizzato anche per via polmonare, producendo i suoi effetti direttamente sulla mucosa respiratoria, manifestando un’azione antisettica e antibatterica. L’importante presenza del timolo conferisce alla pianta proprietà antimicrobiche fino a 25 volte superiori a quelle del fenolo, mentre i flavonoidi hanno effetto spasmolitico che a livello bronchiale migliora la funzione respiratoria.
Come utilizzarlo
È importante ricordare che l’olio essenziale di timo non deve essere in alcun modo assunto per bocca, in quanto potenzialmente tossico; se ingerito può determinare nausea, vomito, dolore gastrico e mal di testa, fino a provocare sintomi neurologici come convulsioni, coma e arresto cardio-circolatorio.
Tuttavia in caso di tosse e raffreddore sarà possibile apprezzarne le proprietà salutari attraverso l’inalazione dei suoi vapori (suffumigi) o con la diffusione ambientale tramite lampade per aromi o specifici vaporizzatori, utilizzando circa 15-20 gocce disperse in 100 ml di acqua.
Infuso ed estratto
La Commissione E tedesca consiglia l’assunzione del timo, sotto forma di infuso, in caso di bronchite, pertosse e tossi catarrali, ponendo 1-3 grammi di pianta essiccata in circa 200 ml di acqua, equivalente a una tazza, da bere 3-5 volte al giorno. Per chi non amasse le tisane si consiglia di utilizzare l’estratto idroalcolico, come la tintura o la tintura madre: in questo caso la dose ottimale si aggira, per l’adulto, attorno alle 40-50 gocce disperse in poca acqua da assumere tre volte al giorno.
Sempre per la cura delle affezioni respiratorie, da alcuni autori viene proposta la possibilità di utilizzare l’olio volatile come balsamo da frizionare sul petto, dopo averne diluito 10-15 gocce in 100 g circa di crema neutra o di olio vegetale come quello d’oliva o di mandorle dolci. L’impiego è sconsigliato in soggetti che soffrono di dermatiti e nei bambini più piccoli.
Collutorio...
Il timo si rivela molto utile anche come collutorio per la cura dell’alitosi e per il trattamento delle infiammazioni delle mucose della bocca e delle gengive: in questi casi si consiglia l’utilizzo dell’infuso fatto raffreddare o della tintura madre in dose di 20 gocce disperse in mezzo bicchiere d’acqua, gargarizzando due o tre volte al giorno.
... ma anche tonico
In cosmesi viene apprezzato come eccellente tonico per il cuoio capelluto, dimostrandosi efficace anche per combattere la caduta dei capelli: a tale scopo lo si potrà utilizzare frizionando la cute con alcune gocce di tintura madre, due o tre volte alla settimana, facendo tuttavia attenzione a non trattare zone sensibili o infiammate.
L’uso in cucina
Il timo fa parte del classico “mazzetto di odori” tanto apprezzato in cucina per insaporire le carni e come condimento di vari piatti; come tintura viene utilizzato come aromatizzante di bevande alcoliche e analcoliche, ma anche per dolci congelati, gelatine, carni e loro derivati.
Tratto da
Elisir di Salute (copyright)
il punto di vista di medici e ricercatori
marzo/aprile 2020