Lo chiamano carciofo mammola, cimarolo o romano ma altro non è che il favoloso carciofo romanesco IGP del Lazio! Svelato il dilemma, conosciamo meglio questa eccellenza gastronomica italiana che ci viene invidiata da tutto il mondo.
Ecco tutte le cose che bisogna sapere sui carciofi mammole, cimaroli e romaneschi!
Perché il romanesco è chiamato mammola o cimarolo?
I carciofi mammole vengono chiamati in molte maniere seppur la nomea riconosciuta ufficialmente sia “Carciofo romanesco IGP del Lazio”. A cosa si devono tutti questi nomi?
Possiamo dire che mammola e cimarolo sono due sinonimi, in entrambi i casi queste parole identificano il carciofo che cresce all’apice delle piante, solitamente il carciofo più precoce, voluminoso e saporito. Probabilmente i romaneschi hanno acquisito il nome di mammola e cimarolo per le loro dimensioni, mediamente maggiori rispetto a quelle di ogni altra varietà di carciofo.
Dall’antico Egitto a oggi, tutti amano i carciofi!
La coltivazione del carciofo nel Centro Italia è una vera e propria tradizione che affonda le proprie radici nel passato.
Secondo Teofrasto questo ortaggio era conosciuto e usato dagli antichi greci e dagli egiziani, era amato e coltivato dagli etruschi, come testimoniano alcuni dipinti sui muri nella necropoli di Tarquinia. Ed anche gli antichi romani ne andavano ghiotti, tanto che molti autori latini non possono fare a meno di raccontare quanto i nostri antenati li apprezzassero. Insomma, nella storia dell’essere umano il carciofo ha avuto sempre molti ammiratori ed anche ai giorni nostri non ha smesso di essere un ortaggio molto gradito.
Regola la digestione e ripulisce il fegato
Il carciofo romanesco possiede moltissime qualità grazie alle numerose sostanze di cui è composto.
È ricco di antiossidanti, su tutti betacarotene e luteina, e di un particolare composto, la cinarina, il quale dona a questo ortaggio particolari qualità.
Se gli antiossidanti combattono i radicali liberi contrastando le malattie, la cinarina dona al carciofo importanti doti epato-regolatrici, depurative e disintossicanti: è in grado di mantenere in salute l’apparato digerente e il fegato e di regolarne l’attività.
Qualità garantita IGP
Il romanesco è un ortaggio speciale ed è per questo che il carciofo mammola è stato insignito del marchio IGP, onorificenza che dimostra come la qualità del prodotto sia necessariamente legata al luogo in cui questo viene coltivato.
Il territorio di produzione del Carciofo romanesco IGP del Lazio si estende lungo la costa del Tirreno da Viterbo a Roma ma anche una zona a nord di Latina, a sottolineare gli areali in cui questa coltura vanta un’importante tradizione.
Grazie al lavoro degli agricoltori della zona, ogni gennaio comincia la raccolta del carciofo che terminerà a maggio, quando le piante esauriranno la produzione: è questo il periodo migliore dei carciofi, non perdetelo di vista!
In cucina, dagli antichi romani ai giorni nostri
Se i carciofi sono parte fondamentale della cucina italiana, il Carciofo romanesco IGP del Lazio è l’alimento principe della tradizione romana in tavola.
Nell’antica Roma veniva servito accompagnato da garum (un condimento tipico dell’epoca) e uova sode, oppure impiattato tra le erbette. Ai giorni nostri invece cucinare carciofi nella Capitale è sinonimo di 2 portate: i carciofi alla giudia e carciofi alla romana. Il primo piatto nasce nei quartieri ebraici della Capitale e prevede di friggere le mammole a testa in giù mentre quelli alla romana vengono cotti in padella a fuoco lento con olio, sale, pepe, aglio con una spolverata di prezzemolo e pangrattato.
Preparazioni tradizionali che fanno parte di una gran lista di ricette con carciofi mammole, come “patate e carciofi”, oppure i carciofi ripieni, i carciofi gratinati, le lasagne ai carciofi, l’agnello con i carciofi o le braciole con i carciofi, solo per citarne qualcuna.