Se a qualcuno piace cardo, come dargli torto. Spesso apprezzato insieme ad aglio, cipolla (le cosiddette Liliaceae), peperoni e barbabietole, come ingrediente della bagna cauda piemontese, quest’ortaggio tipicamente invernale è caratterizzato da un gusto amarognolo (molto simile a quello dei carciofi) e da coste dure e fibrose.
Proprio per questo motivo, è necessario consumarlo cotto, a meno che non siate di passaggio nella zona del Monferrato, dove potrete assaggiare il tenerissimo cardo gobbo di Nizza, straordinariamente buono anche crudo.
A livello nutrizionale, però, che si tratti di cardo mariano o di cardo gobbo, non cambia molto: avrete sempre a che fare con due prodotti che contengono un modesto apporto calorico, essendo costituiti al 90% da acqua e da un 10% ripartito tra zuccheri, proteine e fibre alimentari.
Vitamine e minerali certo non mancano all’appello, ma ciò di cui il cardo può andare veramente fiero, è la sua silimarina, un complesso di bioflavonoidi davvero fondamentale per la salute del nostro fegato. Spesso, infatti, la sostanza viene impiegata per la prevenzione dei danni epatici nei soggetti a rischio, ma anche nel trattamento dell’epatite alcolica e virale, e di tutte quelle patologie che hanno contribuito a deteriorare il fegato.
Non solo, il cardo è anche un valido aiuto in caso di stress, fatica e depressione, tutto merito delle sue innegabili proprietà toniche e decongestionanti.