A luglio l’orto ci regala raccolti abbondanti e variegati ma non è tutto, questo è anche il mese migliore per iniziare a trapiantare gli ortaggi che raccoglieremo a partire dall’autunno. Di cosa stiamo parlando? Delle tante varietà, talvolta molto differenti tra di loro, che si sono originate da un’unica specie, quella del cavolo (Brassica oleracea).
Broccolo, cavolfiore e verza, sono solo alcuni della lunga lista di ortaggi da trapiantare a luglio. Armatevi di zappa e buona volontà quindi, ecco i nuovi abitanti dell’orto.
Broccolo
Il nome proprio del broccolo è Brassica oleracea var. italica, una pianta dal fusto corto e tozzo. Le sue numerose foglie ondulate si sviluppano al di sotto della testa, che altro non è che l’infiorescenza grigio verde della pianta.
Di norma si consuma proprio la testa del broccolo, ma anche le foglie più morbide, poste vicino al fiore, sono buonissime una volta cotte. Un ortaggio che si presta a moltissime ricette: crudo o cotto al vapore, in padella, gratinato al forno o affogato nel vino, come vuole una tipica ricetta catanese.
Cavolfiore
Il cavolo varietà botrytis altro non è che il famosissimo cavolfiore. La parte commestibile della pianta è l’infiorescenza, anche detta palla o testa.
Esistono così tante varietà di cavolfiore che la forma (sferica, schiacciata o conica) e i colori (bianca, avorio, crema, viola, arancione e verde) della testa possono variare moltissimo.
Il cavolfiore è un ingrediente duttile in cucina, preparatelo al gratin con un po’ di besciamella oppure friggetelo, senza contare che potreste utilizzarlo per gustosissime vellutate.
Cavolo cappuccio
Il nome scientifico del cavolo cappuccio è Brassica oleracea var. capitata.
Un ortaggio dal fusto corto che forma una palla (detta testa) composta da moltissime foglie lisce. Il colore varia a seconda della varietà, potete coltivare piante con tonalità verdi molto differenti tra loro (dal chiaro al bluastro) come pure cavoli cappucci dalle foglie viola o rossastre.
In cucina il cavolo cappuccio viene usato crudo in insalata, oppure cotto per preparare i famosi crauti, ma anche buonissimi sformati o golosi ripieni di torte salate.
Cavoletto di Bruxelles
Il cavoletto di Bruxelles appartiene alla varietà gemmifera, termine latino tradotto significa “che produce germogli”. Un nome che non potrebbe essere più azzeccato visto che in cucina si utilizzano proprio i numerosi germogli (o glomeruli) che si sviluppano sul lungo fusto (anche fino a 90 cm) che caratterizza questo cavolo.
In cucina i cavoletti sono molto apprezzati per il loro sapore, dolce e pieno; si consumano lessi, al vapore oppure saltati in padella.
Cavolo rapa
Il cavolo rapa (Brassica oleracea var. gongylodes) è caratterizzato da un fusto ingrossato, definito torso, da cui si sviluppano foglie di colore più o meno verde.
La porzione commestibile della pianta è proprio il fusto carnoso che i più considerano (scorrettamente) una rapa. Bianco, verde o violaceo, il torso può essere usato come contorno previa lessatura o utilizzato come ingrediente di gustosi condimenti per la pasta.
Verza
La verza (Brassica oleracea var. sabauda) è un ortaggio con fusto breve su cui si sviluppano molte foglie bollose che, addossate tra loro, formano una palla, anche in questo caso chiamata testa. A seconda della varietà coltivata, il colore delle foglie può virare dal verde più o meno intenso al viola.
La porzione commestibile della pianta è proprio la testa che in cucina si presta a moltissime ricette. Ottima non solo nelle minestre invernali, saltate le sue foglie in padella per preparare un contorno salutare o oppure farcitele con della carne per creare sfiziosi involtini.
Scelti i cavoli che preferite, praticate delle buchette nell’orto e trapiantate le piante con il loro pane di terra. Abbiate cura di rispettare le giuste distanze tra una pianta e l’altra considerando che, ad eccezione del cavolo rapa che vuole sulla fila uno spazio minimo di 25 cm e tra le file di 35 cm, tutti gli altri cavoli sono piuttosto voluminosi e richiedono almeno 50 cm sulla fila e 60 cm tra le file.
Foto credits: Hellebardius